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Maurizio Pratelli

Collaboratore

Corriere di Como, dopo quasi un quarto di secolo il quotidiano chiude

Il 16 novembre ultimo giorno in edicola

Quando un giornale chiude, è sempre un giorno tristre. Se poi il quotidiano in questione è quello per cui hai scritto per quasi vent'anni, la questione ti tocca ancora più da vicino. Domani, martedì 16 novembre, il Corriere di Como sarà in edicola per l'ultima volta: dopo quasi un quarto di secolo, la prima uscita risale al 19 ottobre del 1997, le sue rotative si fermeranno per sempre.

Il primo pensiero va naturalmente ai giornalisti, ai colleghi e amici che da domani non saranno più al loro posto in via Sant'Abbondio. In particolare a Lorenzo Morandotti, che mi ha insegnato tutto, e a Katia Trinca Colonel con la quale ho condiviso fino al 2019 le nostre amate pagine culturali. Ma non posso certo dimenticare Fabrizio Barabesi, con il quale ho anche scritto un libro, e tutti gli altri compagni di questa lunga e indimenticabile esperienza lavorativa.

Se ne va così, in un silenzio abbastanza inquietante, un altro giornale all'interno di una città che mai come ora avrebbe invece bisogno di tante voci. Ma non ci sono colpe, e anche ci fossero, ma non è certo questa la sede per cercarle, non sono certo dei giornalisti. Di  sicuro è solo l'ennesimo segnale di una società che sta radicalmente cambiando. E non è nemmeno detto che lo stia facendo in meglio. Va da sé che nelle edicole di giornali se ne vendono sempre meno, ed è praticamente impossibile che la situazione per la carta stampata possa cambiare. Ragion per cui, a farne le spese per primi sono i piccoli quotidiani di provincia, ai quali, senza alle spalle grossi gruppi editoriali, non bastano i finanziamenti pubblici per far quadrare i conti.

Senza evocare il diritto all'informazione, oggi c'è solo da capire come rendere sostenibile nei prossimi anni, per egli editori ma anche per i giornalisti, l'informazione online, che sembra essere rimasta l'unica via davvero percorribile. Anche i grandi giornali si troveranno a combattere una sfida enorme che sarà sempre più digitale e sempre meno cartacea. A patto che le conseguenze non si riflettano sulla libertà di stampa. Esempi virtuosi ce ne sono, e CityNews è certamente uno di questi. Ciò non toglie che la fine di un giornale sia sempre un momento doloroso su cui occorre riflettere. Perché la solidarietà ai colleghi è una atto dovuto ma non risolve certo il problemi di un mestiere, quello del giornalista, sempre più precario.  

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