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Martedì, 19 Marzo 2024
Editoriale Cabiate

La morte di Sharon e l'odio social impossibile da arginare: il rispetto dovuto

Per quanto siano comprensibili lo sdegno e la rabbia non è mai stato l'odio a fare Giustizia

L'ultimo comunicato stampa sulla morte della piccola Sharon è arrivato un paio di giorni fa, da parte degli avvocati Citterio e Fontana, in rappresentanza di Silvia Barni, la mamma della bimba di 18 mesi, abusata e poi uccisa dall'ex compagno.

Una tragedia umana che ha scosso tutta la comunità di Cabiate, del Comasco e non solo. Il racconto della confessione, dell'orrore fatto da Gabriel Robert Marincat nell'interrogatorio del 18 maggio ha consegnato sia agli inquirenti che ai famigliari della piccola una sequenza d'immagini che non possono e non vogliono essere riportate e il tutto è scoppiato, nel cuore della madre in "un dolore insopportabile", come ha dichiarato la stessa, che adesso si aspetta una "pena esemplare".

Si fa fatica a leggerlo questo comunicato, così come gli altri che da varie fonti ufficiali sono arrivati per raccontare a noi giornalisti la morte della piccola Sharon. Sta a chi scrive scegliere le parole, censurare dettagli morbosi e favorire un racconto che sia aderente alla realtà senza scadere nella morbosità che spesso questi drammi scatenano.

Migliaia di lettori si sono lanciati in una miriade di commenti, in un vortice di odio che non si può fermare, e l'odio è rivolto in primis a Gabriel Robert Marincat, il 25enne che ha tentato prima di farlo passare per un incidente e infine confessato di aver ucciso, a suon di botte Sharon.

Ma non solo.

L'odio si espande a macchia d'olio in voci di rimprovero verso Silvia, la mamma già distrutta dal suo dolore, che viene tacciata di aver lasciato la piccola insieme a quell'uomo. Come non bastasse l'atroce sofferenza di aver perso la sua bambina. Come non bastassero i suoi pensieri e la sua disperazione che certo non saranno lievi e non le faranno alcuno sconto.

Silvia Barni, questa giovane mamma era al lavoro. Un lavoro che le permetteva di mantenere e crescere sua figlia. Ha 24 anni Silvia e fa la barista.

Questa ragazza e madre, segnata da una tragedia inimmaginabile merita la pietà e il rispetto. Merita di essere abbracciata dalla comunità, merita sostegno davanti all'inizio del processo. Il rispetto è dovuto soprattutto alla piccola Sharon.

Ecco perché, salvo notizie che riguardino la risoluzione processuale è meglio smetterla di parlare di questo dramma.

La Giustizia farà il suo corso anche senza che si sappia quante ore è stata seviziata, come è stata colpita e quanto è durata la sua agonia. Non bisogna fomentare l'ondata d'odio che si è scatenata sui social contro Marincat perché l'odio si autoalimenta e come un fiume che esce dai suoi argini, sconfina in opinioni e post che feriscono e umiliano anche chi già sta soffrendo.

Restiamo in silenzio. Per Sharon, per chi l'ha amata.

La Procura intanto, dopo la confessione, ha chiesto il giudizio immediato per Marincat. Per quanto umanamente siano comprensibili lo sdegno, la rabbia e l'indignazione popolare verso questa vicenda, non è mai stato l'odio a fare Giustizia. 


 

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