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Salute

Reflusso gastroesofageo, come riconoscerlo e curarlo: risponde il gastroenterologo

“La presenza costante e duratura dei sintomi 'tipici”' permette già una diagnosi. Nei casi dubbi, quando la terapia non è efficace o in presenza di sintomi "atipici", la ph-impedenzometria esofagea di 24 ore rappresenta l'esame di prima scelta”. L’intervista al dott. Paolo Usai Satta

E’ stata battezzata “malattia del terzo millennio” a causa della sua grande diffusione. A soffrire di reflusso gastroesofageo sono, infatti, oltre 15 milioni di italiani. Si tratta di un disturbo molto fastidioso che comporta la risalita del contenuto acido dello stomaco nell’esofago. È bene ricordare che esiste un reflusso fisiologico, perché il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene normalmente durante la giornata, soprattutto dopo aver mangiato. Tuttavia, se la quantità e la durata degli episodi superano una certa soglia, si possono creare danni alla mucosa esofagea che portano all'insorgenza della malattia da reflusso gastroesofageo. I sintomi "tipici" con la quale si manifesta questa patologia sono bruciore di stomaco, acidità e rigurgito di contenuto gastrico, talvolta sino alla bocca. Talvolta, può manifestarsi anche con sintomi cosiddetti "atipici" o "extraesofagei", come la tosse secca stizzosa, attacchi di asma, raucedine, abbassamento della voce, necessità di schiarirsi sempre in gola e problemi di insonnia. Questa patologia è in forte crescita, anche tra i più giovani, e non solo in Italia, ma in tutti i paesi europei dove interessa dal 10% al 20% della popolazione. Le cause scatenanti sono da ricercarsi nei cattivi stili di vita (poca attività fisica, abuso di tabacco e alcolici, ecc.), nell’alimentazione poco sana, ma anche in stati d’ansia e stress, fattori che giocano un ruolo tanto importante quanto la familiarità e le disfunzioni anatomiche o funzionali. Ma come si riconosce la malattia da reflusso gastroesofageo e come si cura? Ne abbiamo parlato con il Dott. Paolo Usai Satta, specializzato in Gastroenterologia e Socio dell’AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri).

Dott. Satta, può spiegarci meglio cosa è il reflusso gastroesofageo?

“E' un disturbo causato dalla abnorme risalita di contenuto gastrico in esofago. Il materiale refluito può essere sia acido (come accade nella maggioranza dei casi), che misto o alcalino. Va considerato un disturbo cronico, caratterizzato da frequenti ricadute sintomatologiche”.

Quali sono i sintomi “tipici” e “atipici” della malattia?

“Il bruciore dietro il petto e il rigurgito di liquidi sono i sintomi tipici del reflusso. In alcuni casi possono essere presenti e prevalenti sintomi come mal di gola, tosse, difficoltà respiratoria o dolore retrosternale che sono considerati sintomi atipici”.

Ci sono soggetti più predisposti a svilupparla?

“Uno dei fattori più importanti è rappresentato dalla obesità ed in generale da modificazioni rilevanti del peso corporeo”.

Quali sono i fattori che scatenano questo disturbo?

“Ci sono fattori legati al malfunzionamento della valvola tra esofago e stomaco che normalmente garantisce la continenza tra i due organi. A questo fattore funzionale si associano fattori legati alla capacità dell'esofago di ripulirsi dal contenuto refluito e all'integrità della mucosa esofagea”.

Reflusso gastroesofageo: la dieta per alleviare o eliminare i sintomi

In cosa si differenzia dal reflusso faringolaringeo?

“Il meccanismo causale è lo stesso, ma il reflusso faringo-laringeo è caratterizzato da sintomi cosiddetti sovraesofagei, come tosse e mal di gola, causati da un reflusso che risale oltre l'esofago, verso il faringe e laringe”.

Se trascurato, il reflusso gastroesofageo può sfociare in malattie più gravi?

“In casi per fortuna rari, se non curato adeguatamente il reflusso può causare ulcere dell'esofago, emorragia o restringimento del lume esofageo, con conseguente difficoltà nella deglutizione del cibo. In casi ancora più rari la presenza di un esofago di Barrett (attraverso una anomala riparazione della mucosa esofagea) può avere un teorico rischio di degenerazione neoplastica”.

Come viene diagnosticato il reflusso gastroesofageo?

“La presenza costante e duratura dei sintomi tipici permette di per sè una diagnosi di reflusso. Sopra i 50 anni è necessario fare una gastroscopia, se non fosse stata mai eseguita. Nei casi dubbi, quando la terapia non si dimostra efficace, o in presenza di sintomi atipici, la ph-impedenzometria esofagea di 24 ore (un sondino attraverso il naso che evidenzia e misura i reflussi) rappresenta l'esame di prima scelta”.

Come si cura? Cosa prevede il trattamento farmacologico?

“La terapia è farmacologica e si basa su potenti antiacidi, i cosiddetti inibitori della pompa protonica, dato che la maggior parte dei reflussi sono acidi. In aggiunta sono disponibili presidi che hanno una azione di barriera meccanica (utili nei reflussi non acidi) e quelli che aumentano la protezione della mucosa esofagea. In casi resistenti alla terapia farmacologica (comunque rari) può essere preso in considerazione anche un intervento chirurgico per correggere il difetto funzionale tra stomaco ed esofago”.

Che contributo può dare l’alimentazione?

“Vanno evitati pasti abbondanti e, in generale, corretto il sovrappeso”.

Quali sono i cibi sconsigliati in presenza di reflusso gastroesofageo?

“Sebbene il ruolo causale di specifici alimenti sia stato recentemente fortemente ridimensionato, va consigliato di limitare grassi, fritti e alcoolici. E' poi importante abolire il fumo”.

Quali sono, invece, i cibi consigliati?

“Non ci sono cibi in particolare da consigliare, se non una dieta sana ed equilibrata, ed un apporto adeguato di liquidi”.

In che modo si può fare prevenzione?

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“L'obiettivo più importante è prevenire obesità e sovrappeso”.

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