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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Salute

Cura contro il covid: "L'Anakinra riduce ricoveri e decessi"

Il farmaco diminuirebbe la mortalità e i tempi di ospedalizzazione nelle forme gravi della malattia. I risultati di uno studio internazionale a cui hanno partecipato diversi ospedali italiani

Oltre ai vaccini si affacciano con grandi aspettative nuove cure contro il covid. Come anticipato dalla nostra testata nazionale Today. Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema e consigliere del commissario per l'emergenza coronavirus Francesco Paolo Figliuolo, lo ha definito "promettente".

Uno studio pubblicato su Nature Medicine sembrerebbe mostrare l'efficacia del farmaco Anakinra, già utilizzato per il trattamento dell'artrite reumatoide, su pazienti positivi al nuovo coronavirus a rischio di decorso grave, prevenendo l'insufficienza respiratoria. Allo studio hanno partecipato per l'Italia l'Istituto Spallanzani e il Policlinico Gemelli di Roma, l'Ospedale San Raffaele e l'Humanitas di Milano, gli Spedali Civili di Brescia, l'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, l'Ospedale di Jesolo e il San Martino di Genova.

Come funziona il farmaco Anakinra contro il coronavirus

Somministrato precocemente e in maniera mirata, in combinazione con la terapia standard (cortisone, eparina e supporto respiratorio), secondo questo studio Anakinra si è dimostrato capace di ridurre drasticamente il ricovero in terapia intensiva e i decessi. Lo studio di fase 3, denominato "SAVE-MORE", randomizzato e controllato in doppio cieco (gli sperimentatori non sapevano quali fossero i pazienti che hanno assunto il farmaco e quali il placebo), è stato condotto su 594 pazienti ricoverati per polmonite e vede come principale investigatore Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, professore dell'Università nazionale Capodistriana di Atene che ha coordinato 37 ospedali.

Il dottor Andrea Angheben, responsabile del reparto del dipartimento di Malattie infettive e tropicali di Negrar (Verona) e responsabile locale del trial, ha spiegato: "Lo studio ha dimostrato che la somministrazione precoce dell'anakinra riduce del 55% la mortalità e del 64% il rischio di morte o la necessità di ricovero in terapia intensiva per la progressione della polmonite in insufficienza respiratoria grave valutati al 28esimo giorno". Lo stesso dottor Andrea Angheben ha aggiunto: "Mi sento di dire che sono risultati particolarmente esaltanti: pur essendo all'oscuro su chi riceveva il farmaco rispetto al placebo ho potuto constatare di persona che alcuni pazienti clinicamente destinati alla terapia intensiva mostravano un rapido ed inaspettato miglioramento a poche ore dalla somministrazione del farmaco sperimentale".

La chiave di volta starebbe tutta nelle caratteristiche dell'anakinra, associate all'individuazione della cosiddetta "finestra di somministrazione". Il dottor Andrea Angheben precisa: "Sappiamo che i danni maggiori causati dal Covid-19 sono dovuti all'infiammazione (la "famosa tempesta citochinica") che paradossalmente il nostro sistema immunitario provoca reagendo in maniera incontrollata al virus. L'infiammazione è un processo mediato dalle interleuchine. Infatti fin dall'esordio del Covid-19 sono nate molte ricerche su farmaci inibitori dell'infiammazione, come il tocilizumab attualmente indicato nel trattamento di Covid-19. L'anakinra va ad agire su un'interleuchina molto importante, la 1-alfa e 1-beta, bloccandola e quindi arrestando la cascata infiammatoria. Con una potenza tuttavia che lo differenzia da altri farmaci simili: agisce velocemente e la durata di azione è legata al suo utilizzo con conseguente minimo impatto sulla competenza immunitaria del paziente".

Una caratteristica che risulterebbe fondamentale, quest'ultima, spiega ancora il dottor Angheben, perché "la riduzione dell'infiammazione comporta anche la riduzione della risposta immunitaria e quindi espone il soggetto già colpito da polmonite o intubato a sovrainfezioni. Cosa che invece può accadere con altri farmaci simili - chiarisce sempre il medico - come il tocilizumab. Lo studio infatti non ha rilevato un numero maggiore di infezioni in coloro che hanno assunto il farmaco, rispetto ai pazienti nel braccio di controllo con placebo. Ci troviamo pertanto di fronte ad un farmaco oltre che efficace, anche sicuro".

Ma l’anakinra, si legge in una nota dell'ospedale di Negrar, non avrebbe la stessa efficacia se non venisse somministrato al "tempo giusto": "La clinica ci ha insegnato fin dall'inizio che l'infiammazione può essere contrastata solo somministrando tempestivamente i farmaci di cui disponevamo, in primis il cortisone. Grazie a questo studio ora sappiamo quantificare l'avverbio "tempestivamente". In un precedente trial (SAVE), il professor Giamarellos-Bourboulis aveva dimostrato che il Covid-19 si comporta per certi versi come la sepsi nella fase avanzata, patologia di cui si occupa da tempo. In altre parole i pazienti destinati a progressione di malattia - quindi all'insufficienza respiratoria - sono coloro che nel sangue hanno un alto valore del suPAR, un biomarcatore del plasma che funge da strumento prognostico per l'attivazione immunitaria in fase precoce. Nel trial che ci ha coinvolto - conclude il dottor Andrea Angheben - si è fatto tesoro di questo dato e sono stati screenati, tra Grecia e Italia, circa mille pazienti, arruolando però solo quelli destinati a peggiorare cioè quelli che presentavano il biomarcatore nel sangue con valori superiori a 6".

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