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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Como Capitale dell'acqua tiepida

E ora ci si lamenta del turismo "bollente"

Troppi turisti? Troppi bar? Troppi B&B? A Como sembra sempre tutto troppo. Dopo due anni di pandemia siamo diventati insofferenti o siamo solo impreparati a gestire l'assalto? Si può davvero parlare di urbanicidio o fobia turistica come ha fatto l'architetto Lorenza Ceruti in un suo post su Facebook ieri? Difficile rispondere senza trasformare un seppure articolato fastidio in una prospettiva reale. Non siamo Venezia e neppure Matera, siamo però una città che sta vivendo una rapidissima trasformazione all'interno della quale il turismo si sta imponendo come un'economia sempre più dominante.

Dentro questa grande ed euforica bolla resta quindi da capire se esiste ancora spazio per mantenere viva una propria identità senza vendere l'anima al diavolo. Il rischio è infatti quello che anche Como diventi una città di tanti letti e ristoranti senza più identità. Tuttavia, non dimentichiamolo, senza turisti Como rischierebbe di tornare una bella addormentata, un dormitorio per residenti. Non a caso, tolte un paio di piazze e vie, anche d'estate, la città di sera è un gran deserto.

E non è un caso che quando Como ebbe la possibilità di allargare i propri orizzonti, di fare squadra per candidarsi a Capitale della Cultura Italiana, la risposta fu alquanto tiepida. Così tiepida che da allora, nel frattempo sono passati 8 anni, nessuno ha più pensato di riproporre Como per mettere in mostra la sua vita e il suo sviluppo culturale. Vale la pena ricordare che tutti i presupposti sui cui si basava la candidatura nel 2015 sono rimasti sulla carta per dare corpo solo alle inevitabili polemiche: Villa Olmo, la Casa del Fascio, il Politeama, solo per fare alcuni eclatanti esempi.

E ora siamo qui a offrire troppe lasagne riscaldate al microonde e nessun valore aggiunto. Abbiamo aumentato i tavolini, benissimo, ma non abbiamo offerto un solo biglietto in più per un museo, malissimo. Un percorso culturale connesso, da Volta al Razionalismo, ad esempio, non esiste. E allora, inevitabilmente, impera il turismo fai da te, il caotico mordi e fuggi senza contenuti. Pance riempite male e cervelli rimasti desolatamente vuoti. Tuttavia, l'imbarbarimento culturale non è solo figlio della nostra città ma di questi tempi in cui anche leggere un libro è diventato meno attraente di Tik Tok.

Senza che diventi un alibi, occorre però ricordare che senza volontà politica, senza visioni e progetti non si va da nessuna parte. Si rimane imprigionati dentro il recinto di un lamento fine a se stesso. Sarebbe bellissimo, citando una notevole canzone di Teresa De Sio, poter dimenticare le cose fatte male. Ma anche quelle non fatte per offrire a questa città una cornice diversa da un selfie della domenica. Il rischio che Como resti bella e senz'anima è altissimo. Ma sappiamo bene come è stato trattato chi a questa città, pur di darle un respiro profondo, di anima ha dato persino la propria.  

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