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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A Como sono più di 12mila i neet, i giovani di cui nessuno si occupa: una testimonianza

Sono ragazzi dai 15 ai 29 anni che non studiano e non lavorano: in Lombardia sono 214mila, in Italia più di due milioni

In Italia ci sono oltre 2 milioni di giovani (in età compresa tra i 15 e i 29 anni) che non studiano e non lavorano e si conferma il primo paese in Europa per il numero di Neet (20,7%). Neet è l'acronimo di «not in education, employment or training». Un gruppo sociale che vive nella rassegnazione, dove il futuro è spento e la demotivazione aumenta esponenzialmente e le energie vitali implodono e non riescono a trasformarsi neanche in protesta. 

La pandemia non ha fatto altro che peggiorare la situazione già drammatica di questi ragazzi che vivono in una sorta di limbo, ignorati dalla politica e a cui vengono dedicate poche risorse e iniziative. Sono soprattutto le donne, le Neet, ad essere aumentate dopo questo anno di Covid. In Lombardia, secondo le ultime statistiche Istat sono 214mila i giovani che non studiano e non lavorano e a Como e provincia gli ultimi dati disponibili parlano di oltre 12.381 neet, di cui 7123 ragazze e 5258 ragazzi. I dati del nostro territorio risalgono al pre-Covid, quindi mettendo "in conto" l'aumento medio in Italia nel 2020, bisogna considerare un minimo del 2,7% in più rispetto ai numeri forniti. 

Queste cifre ci fanno certamente capire la gravità del problema, ma dietro ogni singolo numero ci sono le storie e le vicende delle persone in carne e ossa. Storie di disagi economici, mal riuscite integrazioni ma anche e soprattutto di incomprensione, depressione e sfiducia nel sistema che è alla base del mondo del lavoro in Italia. 

«Ho 24 anni, ci dice Sofia di Como, ma mi sento vecchia. Aiuto in casa, ma spesso sono stanca, mi sento demotivata nel fare qualsiasi cosa. Non sono indipendente economicamente, a me pensano i miei genitori. Mia madre alla mia età era già mamma, con la sua famiglia da accudire. Io non so dove, ma ad un certo punto devo aver sbagliato qualcosa»

«Ho mandato tanti curricula prima di arenarmi anche a causa del covid. Ma le richieste erano assurde: devi avere per esempio meno di 25 anni, una laurea e esperienza di minimo 3 anni nel ruolo. Ci sono delle offerte di lavoro incomprendibili e, a mio avviso, impossibili da soddisfare perchè o sei troppo vecchia, o non sei abbastanza qualificata o ti offrono stage con cui spesso non arrivi mai da nessuna parte. Alla fine ho mollato». 

Sofia racconta di aver terminato le superiori e da allora di aver svolto solo lavori nell'ambito della ristorazione e del turismo (come animatrice) questo fino all'arrivo del covid che le ha tolto anche quel minimo di autonomia. È importante evidenziare la connessione tra l'aumento di Neet e il fatto che a essere maggiormente colpiti dalla pandemia sono stati, tra gli altri, proprio i settori come la ristorazione, l'alberghiero e il turismo che offrivano molto lavoro stagionale. 

Il discorso è complesso perché se da un lato in questa piaga sociale sono coinvolti soprattutto giovani appartenenti a famiglie che hanno minori disponibilità economiche (per far proseguire gli studi ma anche solo per tenere un pc in casa- problematica emersa anche con la Dad) e le donne, è anche vero che in Italia il fenomeno della disoccupazione tra i giovani tocca oramai percentuali talmente alte da abbattere questo muro: nell’ultimo trimestre del 2020 Il tasso di disoccupazione giovanile ha sfiorato il 30%. 

Sofia per esempio non ci parla di particolari disagi economici della famiglia: «Non siamo Paperon de Paperoni ma viviamo dignitosamente-dice.». Le parole di questa 24enne descrivono una sfiducia che porta questi ragazzi a sentirsi inutili e a perdere la voglia anche di cercare, di provarci. «Se cerco di spiegare questa mia emozione mi blocco perché so già il giudizio che mi viene marchiato a fuoco della società: sei svogliata, neanche ci provi, io alla tua età avevo già la mia famiglia. Ed io non so cosa rispondere, non so cosa devo fare.»

Sofia è una dei più di 2 milioni di Neet in Italia. Ogni storia è diversa ed i disagi economici e sociali non sono omogenei: c'è chi ha perso il lavoro da poco, chi non ha avuto possibilità di continuare gli studi, chi aspetta di essere inserito in percorsi formativi. Ogni storia è diversa. Uno è il denominatore comune: la disattenzione della politica e in parte della società verso questi ragazzi che continuano a vivere nel loro limbo, invisibili e soli. 

(*Dati Istat e Asr Lombardia)

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