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Crisi Ca' d'Industria, Magatti: "È tempo di vere e proprie rivoluzioni nella gestione delle strutture e dei servizi rivolti agli anziani" 

Il caso della Rsa di via Brambilla scuote la città

Dopo l'intervento dei sindacati, continua a far discutere la crisi di Ca' d'Industria a Como. Di oggi il commento di Bruno Magatti, ex consiglie Civitas a Palazzo Cernezzi. Questo il suo intervento integrale sulla questione. 

"Nei mesi passati si è invocato l'intervento dello Stato (ovvero la distribuzione di risorse messe a disposizione da tutti noi) anche dai più tenaci oppositori dello Stato solidale. Adesso stiamo voltando pagina e i vecchi maestri tornano in cattedra. Diciamo subito che la concorrenza sui salari, quando l'offerta di lavoro è scarsa, non può che generare sfruttamento e precarietà. Ma stiamo ai fatti". 

"La RSA "Ca’ D’Industria", la più importante della città di Como - aggiunte Magatti - una Fondazione il cui presidente è scelto tra cinque amministratori nominati dal sindaco, uno da Regione e uno da Provincia, decide, con non inattesa tempestività, di cambiare il contratto ai prossimi neo assunti (e se di "neo assunti" si parla vorrà pur dire che ce n'è la necessità!). In questo modo si tutelerebbe il bilancio della RSA (ovvero costoro se ne faranno carico).  La scelta genera una palese sperequazione salariale tra persone che svolgono la medesima mansione, ma anche, e il fatto è rilevante, una evidente "SVALUTAZIONE" del lavoro svolto. Più volte rileviamo quanto sia sotto pagato il lavoro di chi si prende cura delle persone (fatti salvi i medici), e ne dovremmo provare vergogna. Qui siamo addirittura a una proposta di retrocessione".

"Una RSA senza le donne e gli uomini che vi lavorano...  non esiste: ciò prova che si tratta di una risorsa essenziale, quella che offre garanzia, sulla quale si misura la qualità del servizio fornito, quella che mette a disposizione affidabilità, intelligenza e competenza. Il Covid-19 (e glissiamo sui perché) ha lasciato molti posti vuoti nelle RSA e ora si impone l'urgenza di vere e proprie rivoluzioni nella gestione delle strutture e dei servizi rivolti agli anziani". 

"Ci piacerebbe - conclude Magatti - per questo sapere come la pandemia abbia stimolato gli amministratori a immaginare nuovi orizzonti nell'azione di "cura" degli anziani soli o non autosufficienti, se sono state ad esempio immaginate e progettate aperture delle strutture riabilitative e sociali in vista di una (probabile) riduzione della domanda di ricovero a fronte della scelta di permanere nel proprio domicilio, se sono stati avviati interventi per abbattere i costi energetici delle strutture, se si prevedono nuove offerte di servizi o prestazioni da portare sul territorio. Speriamo di averne presto notizia". 

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