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Martedì, 19 Marzo 2024
Coronavirus

Cecilia della Tecnoteam Albese ricorda i suoi giorni a Codogno: "La paura e quel pallone lanciato oltre il confine"

Tre anni fa il primo Lockdown: il racconto toccante della palleggiatrice della formazione comasca

Cecilia Nicolini è la palleggiatrice della formazione comasca di A2 di volley femminile. In questi giorni sono in tanti a chiederle di raccontare la sua storia perché lei è stata la prima a sperimentare le restrizioni, la zona rossa, le mascherine, la paura del covid arrivato in Italia da poco.

Lei nella sua Codogno l’ha vissuto prima di tutti questo incubo. Ecco perchè oggi, a tre anni esatti dal primo caso in Italia dell’infezione che ha causato migliaia di morti, sono stati molti a chiedere alla Tecnoteam Albese Volley Como la sua testimonianza perchè lei che è proprio di Codogno, per prima ha conosciuto come si viveva con le restrizioni e la paura del covid.

Il racconto di Cecilia è stato diffuso dalla società lariana attraverso la sua pagina Facebook. A tre anni dalla zona rossa di Codogno, Cecilia ricorda quel 21 febbraio.

Bloccata da una telefonata: "Non puoi entrare in palestra"

“Io giocavo a Offanengo in B1 e vivevo a casa mia a Codogno che dista quasi mezz’ora di auto. Ricordo che quel giorno, quando è uscita la notizia del paziente uno nel mio paese, ero in auto diretta all’allenamento in palestra. Al parcheggio ho ricevuto la telefonata del mio allenatore che, a sua volta, era stato contattato dal sindaco di Offanengo con l’invito a non farmi entrare in palestra. È stato uno choc, le mie compagne erano a fare il video per la gara della domenica ed io mi sono messa fuori dalla porta ad ascoltare. Speravo che la cosa si risolvesse nel giro di qualche ora, giorno al massimo. Invece no: da lì è iniziato il delirio.

Sono iniziate le settimane di zona rossa, i nostri paesini erano bloccati, non riuscivo a capire perché le limitazioni riguardavano inizialmente solo noi e non altri. Ovviamente non ho potuto allenarmi in quelle settimane, non potevo avere contatti con le compagne e non potevo uscire da Codogno. Ricordo anche che un giorno (in foto sotto) ho chiesto a due di loro di venire a portarmi un pallone per poter fare qualcosa a casa: la foto mi ritrae lontana da loro con il pallone in mano, che mi avevano passato dalla linea di stop. Si vede anche il camion dei militari che bloccavano accessi ed uscite da Codogno. Loro due sono le mie ex compagne di squadra ad Offanengo, Alice Giampietri (destra) e Noemi Porzio (sinistra): mi hanno portato il pallone una sera ed abbiamo scattato questa foto che ancora conservo.

Il pallone portato al confine dalle amiche-2

Aggiungo anche che mio papà lavorava in Protezione Civile e quindi usciva di casa spesso ed era a contatto con le persone: ero in forte apprensione per lui. Poi la cosa si è estesa a tutta l’Italia e il resto lo sappiamo tutti bene. Adesso mi sto rendendo conto che sono passati tre anni esatti: sono contenta che ne siamo usciti e dal punto di vista pallavolistico è un sospiro di sollievo vedere di nuovo i palazzetti pieni dopo limitazioni e restrizioni. Non potersi allenare quando eri positivo, fare spesso i tamponi, limiti vari: sono stati anni duri. Stagioni difficili, credetemi. Ora è bello vedere i tifosi al palazzetto senza le mascherine. Ma ogni tanto, come oggi visto che me lo avete chiesto, vado con la mente a quel febbraio di tre anni fa. Il pallone lanciato dalle mie compagne, la zona rossa, le mascherine, la paura per i miei cari. Un vero incubo".

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