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Coronavirus

Buona scuola, ragazzi

Un ritorno in classe con responsabilità più grandi di loro

Dopo tante parole, dopo troppe incertezze, finalmente oggi la scuola è ripartita in presenza. Anche se restano casi incredibili come quello della Ciceri, dove si è scelto di rifugiarsi ancora nelll'insegnamento a distanza, oggi a Como quasi tutti gli studenti sono tornati in classe. Ma non sarà per niente facile quest'anno scolastico. Le regole imposte sono rigidissime e vedremo nelle prossime settimane fino a che punto, soprattutto alle elementari, potranno essere rispettate. Mascherine, distanziamento, nessuno tipo contatto, nessun movimento al banco. Nessuno scambio di abbracci ma nemmeno di gomme e temperini. Una sorta di singola bolla all'interno delle classi dove qualcuno, non pago, chiedeva anche i box di plexiglass intorno al banco di ogni studente. 

Un clima difficile, all'interno del quale, egoisticamente, sono stati caricati sulle spalle delle giovani generazioni pesi più grandi di loro. Chiusa da febbraio, all'agognata riapertura la scuola si è presentata issando sulla schiena dei suoi alunni responsabilità enormi. Mentre qualcuno si è già messo in collina con il fucile puntato su ragazzi, universalmente additati come irresponsabili, pronto a far fuoco appena qualcosa andrà storto, occorre riflettere sulle scelte fatte fin qui per fa ripartire la didattica in presenza: scelte che non hanno nessuna aderenza nella vita oltre la scuola, anche in tempo di pandemia; scelte che non risparmiano nessuno, nemmeno i bambini.

Dice la pediatra Valeria Vincenti: "La riprogrammazione neurologica che il Covid 19 sta manifestando parte da qui: dai bimbi più piccoli che invece di socializzare attraverso il contatto con gli altri, la vicinanza, l’attaccamento fisico, gli scambi percettivi sensoriali, il gioco comune, l’imitazione spontanea, saranno costretti a subire le ammonizioni per il distanziamento, la lontananza fisica, l’impossibilità di vedere l’espressione del volto di chi lo educa e lo accompagna pedagogicamente, ormai ridotto a ruolo di secondino. Non ci metteranno molto i bambini a diventare capaci di distanziarsi, ad avere paura della vicinanza dell’altro, a rifugiarsi nel gioco isolato che non è più possibile chiamare tale ma solo ripetizione autistica del nulla, a cadere nella depressione della mancanza di senso. Ma anche a rischiare di diventare fobici e ossessivi, compulsivi della ripetuta pulizia e della disinfezione che ha come corollario il non toccare, non sporcarsi, in ultimo non giocare, che per il bambino equivale al non essere".

Ed è davvero difficile, dopo che abbiamo punito i più piccoli così, non condividere l'ultima riflessione della dottoressa: "Veramente dobbiamo assecondare tutto questo? A quali tipi di malattie psichiche dovremo far fronte nell’immediato futuro per le nuove generazioni? Ci sentiamo davvero più sicuri noi adulti dopo aver isolato i bambini, o sentiamo di proteggere i nostri figli mandandoli in un nido/asilo del genere? Di cosa abbiamo veramente paura immaginando possibile e salutare tutto ciò per i nostri bambini?”.

A questa domanda, ma non solo, hanno l'obbligo di rispondere gli adulti, i genitori, le istituzioni, il Comitato Tecnico Scientifico. Tutti coloro che per salvare sè stessi hanno deciso di mettere in castigo i bambini. Nel loro zaino, nella loro cartella, nelle loro classi prigione, trovano tutte le nostre paure. E non basterà voltare la testa dopo averli lasciati a scuola. Questa volta no.

   

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