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Un uomo fucilato al Monumento ai Caduti, Anna Maria aveva 8 anni: i suoi ricordi di guerra

I pianti, gli spari, i soldati per strada, i bambini ebrei portati via: anni terribili, ancora vivissimi nella memoria

Anna Maria de Piano è piena di ricordi, belli e brutti. Nella sua mente restano scolpite immagini e suoni che ogni giorno tornano a farle visita, vivi come fatti accaduti ieri. Invece sono passati ottant'anni e più. Anna Maria è davvero parte della memoria storica di Como, non tanto per una questione anagrafica, ma piuttosto per essere riuscita - in qualche caso suo malgrado - a mantenere  così nitidi i suoi ricordi. I dettagli, i contorni, i colori, ma anche i suoni e gli odori: la donna di oggi rivive ciò che visse la bambina di allora.

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Con l'approssimarsi del 25 aprile nella mente di Anna Maria hanno cominciato a scorrere immagini di quel lontano periodo di fine guerra, quando l'Italia si apprestava a voltare l'ultima pagina di uno dei capitoli più tragici della sua storia. I ricordi che Anna Maria ci consegna oggi possono sembrare confusi, ma lo sono nella stessa misura in cui per un bambino può essere confuso un presente che non riesce a comprendere. Cosa è stata la Liberazione d'Italia? Chi erano i buoni, chi erano i cattivi? Lo capivano (forse) gli adulti di allora, lo capiamo noi adesso dopo avere studiato la storia sui libri, ma su una bambina di appena sette anni e mezzo le idee e le ideologie politiche non hanno presa, contano solo le emozioni, ciò che gli occhi vedono e le orecchie sentono. E così fa poca differenza se a morire fucilato è un partigiano o un fascista. Non c'è giustificazione politica che possa annacquare l'orrore della guerra.

"A sette anni e mezzo, nel '45 - ricorda Anna Maria de Piano - ho presenziato al Pra Pasquée, oggi zona stadio di calcio, alla morte per fucilazione di un fascista, il cui cognome, mi ha ricordato un mio vecchio amico, era Saletta (capo dell’ufficio politico della Questura repubblicana di Como, ndr). Fu fucilato contro il Monumento ai Caduti, sul lato che guarda il lago. Ero ospite di una zia a Como che fu obbligata a portarmi con sé per non lasciarmi sola a casa sua. Era l'alba e lei non voleva mancare perché il condannato aveva fatto tanto male. Con mamma eravamo sfollati da Bologna dove gli americani bombardavano tantissimo, mentre a Como si stava tranquilli e anche a Ponte Chiasso, dove stavamo invece con i nonni. Per fortuna la zia mi collocò in modo che non vedessi nulla, però ricordo una gran folla e il colpo di fucile, quello lo sento ancora. Mi piacerebbe sapere il giorno di questa fucilazione perché il 25 aprile, come oggi, ero invece a Ponte Chiasso dai nonni a passeggiare tranquilla per la strada. Allora la strada era un parco per i bambini, non esisteva il traffico".Anna Maria de Piano 4

Eppure anche qui, a Como, qualche volta c'era da avere paura, ricorda Anna Maria: "Ero con una sorellina poco più piccola, quando qualcuno ci fece entrare di corsa in un ristorante di via Bellinzona (oggi quasi di fronte alla strada che viene da via Brogeda) zeppo di persone che si erano ricoverate lì in quanto circolavano per strada partigiani e fascisti col fucile. Quando poi fummo a casa la mamma ci raccomandò di non aprire gli scuri. Probabilmente ero birichina perché disobbedii e vidi dalla finestra affacciarsi dal muro del campo di bocce della trattoria Asmara, che oggi non esiste più, la testa di un uomo che imbracciava un fucile appoggiato sul muro, sembrava pronto a sparare. Mi spaventai tantissimo".

Poi il ricordo di un tedesco, il nemico, ma umano agli occhi di una bambina: "Ricordo nei giorni precedenti i tedeschi che depositavano le armi sul piazzale davanti alla dogana, ricordo il capo tedesco della Kommandantur di Ponte Chiasso che tutti dicevano fosse cattivo, invece quando mi trovava e avevo dai cinque ai sei anni mi prendeva anche in braccio. I tedeschi alloggiavano sopra l'attuale banca che allora era l'Albergo ristorante Varese e avevano fatto amicizia con tutti, erano brave persone che hanno dovuto lasciare le famiglie per andare in guerra, ma a Ponte Chiasso e neanche nei dintorni non fecero nessun gesto pesante".

Ma Anna Maria porta con sé ricordi ancor più dolorosi, quando senza sapere perché vedeva portati via i suoi amichetti con le loro famiglie: "Quando ero più piccola stavamo a Milano. In quel cortile di via Pascoli 25 giocavamo con dei bambini che di notte furono strappati con la famiglia dalla loro casa. Abitavano sopra di noi. Erano ebrei, non sono più tornati a giocare con noi in questo bel cortile. Io ho ancora nelle orecchie le loro urla e pianti sulle scale di notte e non posso più sentire qualcuno che grida, tremo ancora adesso. Mio papà veniva spesso trasferito e dopo andammo a Bologna, l'asilo l'ho fatto lì, dopodiché cominciarono i bombardamenti degli angloamericani e papà restò solo a Bologna per il lavoro e noi venimmo dai nonni a Ponte Chiasso".

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