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Accuse a Landriscina sul caso "acqua", ma lui replica: "Resterà pubblica"

Como dice no alla nuova società. Nessi: "Qualcuno ne risponderà alla Corte dei Conti". Rapinese: "Sindaco pilotato dalle segreterie di partito"

L'acqua di Como verso la privatizzazione. E' la paura dei consiglieri di opposizione a Palazzo Cernezzi, dopo che l'aula ha evitato di discutere e votare la delibera per la fusione, attraverso incorporazione in Como Acqua Srl, delle dodici piccole società che attualmente gestiscono il ciclo dell'acqua in provincia di Como. Tuttavia il sindaco di Como, Mario Landriscina, ha dichiarato: "Il mio impegno è sempre stato e resterà sempre quello di mantenere la gestione pubblica dell'acqua. Abbiamo solo voluto approfondire aspetti tecnici visto che sono emersi elementi che non ci hanno convinto in questa fusione per la realizzazione di una sola società di gestione dell'acqua".

In conferenza stampa i consiglieri Vittorio Nessi (Svolta Civica), Stefano Fanetti (PD) e Alessandro Rapinese (Rapinese Sindaco) hanno illustrato i loro timori e osservazioni sul caso del mancato dibattito in aula consigliare lunedì 23 ottobre 2017, quando era prevista la discussione della delibera con la quale l'amministrazione intendeva sancire il suo "no" alla fusione. Delibera che non si è discussa a causa di problemi procedurali sorti in occasione del dibattito su una delibera precedente. 
Ora però non c'è più tempo e la delibera su Como Acqua non potrà essere più discussa perché l'assemblea dei soci (cioè i Comuni comaschi) si riunirà il 25 ottobre 2017 per decidere se proseguire cpon la fusione. Il sindaco ha fatto sapere che "probabilmente non parteciperemo all'asemblea visto che non è stata espressa alcuna decisione in merito e che non è stato dato alcun mandato per opporsi o acconsentire alla fusione".

Esposto alla Corte dei Conti

"Questo - ha spiegato Nessi - è un fatto tto grave sia dal punto di vista amministrativo e contabile, sia dal punto di vista politico. Dal punto di vista amministrativo e contabile, annunciamo in questa sede che Svolta Civica porterà la questione davanti alla Corte dei Conti perché vengano verificate eventuali responsabilità contabili derivanti dai danni rilevanti che andranno a conseguire all’eventuale fallimento del processo di fusione. Dal punto di vista politico - ha poi aggiunto Nessi è evidente come di fronte alla prima importante scelta politica, il sindaco e la sua maggioranza abbiano deciso di non decidere, evitando una votazione che era dovuta e che avrebbe probabilmente messo in crisi la stessa maggioranza".
In effetti se fosse stata discussa la delibera è assai probabile che sarebbero apparse le prime vere crepe all'interno della maggioranza a Palazzo Cernezzi, considarato il fatto che Fratelli d'Italia non avrebbe votato la delibera che sanciva il "no" alla fusione e che altri consiglieri, probabilmente, sarebbero usciti dall'aula al momento del voto.
Landriscina, però, ha affermato che "anche all'interno del collegio dei revisori dei conti sono state espresse posizioni contrastanti, e anche questo ci ha indotto ad approfondire la questione".

I "soldi buttati"

Le minoranze di Palazzo Cernezzi denunciano anche lo spreco dei soldi che la mancata fusione causerebbe, visto che negli ultimi tre anni sono stati affrontati costi per in dirizzare e preparare la fusione. Si parla - ma non ci sono riscontri effettivi - di quasi mezzo milione di euro che finirebbe in fumo. "In più - ha aggiunto Fanetti, capogruppo del PD in consiglio comunale - ci sono 360 mila euro all'anno, cioè quanto costano gli amministratori delle dodici società che dovrebbero confluire nell'unica Como Acqua".
Per non parlare, poi, dei soldi richiesti ai cittadini dei vari Comuni comaschi con l'aumento delle tariffe dell'acqua, aumenti giustificati proprio con la necessità di far fronte a investimenti in occasione della fusione in un'unica società.

L'accusa di "servilismo" politico

Rapinese ha accusato Landriscina di essere per così dire pilotato dalle segreteri di partio: "Per lui gli interlocutori non sono i cittadini ma i segretari provinciali di Forza Italia e della Lega Nord. Per lui basta confrontarsi con loro. Altrimenti avrebbe portato il tema in discussione in consiglio comunale, l'organo che rappresenta i cittadini".

Il rischio di un'acqua "privatizzata"

Dal canto suo Landriscina ha scelto la via del silenzio sia nei confronti del consiglio comunale che nei confronti dei sindaci comaschi che si sono presentati a Palazzo Cernezzi chiedendo un confronto. "Se la fusione di Como Acqua domani verrà bloccata - hanno concluso i gruppi di minoranza -  ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. In primis il sindaco di Como, Mario Landriscina, che, evidentemente ostaggio di una parte della sua maggioranza, evita addirittura di affrontare la questione davanti al consiglio, mettendo a repentaglio la stessa fusione. Se nel prossimo futuro, a causa della mancata fusione, ci troveremo un colosso francese o tedesco a gestire la nostra acqua (e le relative tariffe), i comaschi sapranno chi ringraziare".

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