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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Tribunale e Comune, convenzione per lavori socialmente utili

Il Comune di Como stipulerà una convenzione con il Tribunale di Como, su delega del Ministero della Giustizia, per consentire lo svolgimento di lavori di pubblica utilità presso l’amministrazione. Un'iniziativa che arriva su proposta, presentata...

Il Comune di Como stipulerà una convenzione con il Tribunale di Como, su delega del Ministero della Giustizia, per consentire lo svolgimento di lavori di pubblica utilità presso l’amministrazione. Un'iniziativa che arriva su proposta, presentata lo scorso febbraio dal consigliere comunale di Como, Marco Butti (Pdl). Come previsto dalla normativa, il Giudice di pace può applicare, su richiesta dell’imputato, la pena del lavoro di pubblica utilità, consistente nella prestazione di attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni. Tra le attività non retribuite rientrano le prestazioni di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale, compresa la collaborazione ad opere di prevenzione incendi, di salvaguardia del patrimonio boschivo e floreale, di custodia dei musei, prestazioni di lavoro pertinenti la specifica professionalità del condannato, prestazioni nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale. La convenzione che stipulerà il Comune prevede che non più di 10 persone prestino contemporaneamente opera per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Le attività svolte saranno a titolo gratuito e ai “condannati” non sarà corrisposta alcuna retribuzione. L’amministrazione, da parte sua, provvederà alla stipula di un’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, nonché riguardo alla responsabilità civile verso terzi. La proposta di delibera, predisposta dal settore Servizi Sociali, è stata presentata alla giunta dal sindaco Stefano Bruni che ha sottolineato l’alto valore sociale del lavoro di pubblica utilità, servizio che consente di realizzare la finalità rieducativa e di reinserimento sociale della pena, fornendo nel contempo benefici a tutta la collettività. Ministero di giustizia https://www.giustizia.it Lavoro di pubblica utilità.

Che cos’è - Introdotto dall'art. 73 comma 5 bis D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il lavoro di pubblica utilità, consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.

Chi vi è ammesso - La sanzione è applicata all’imputato per i reati previsti dal comma 5 dell’art. 73 (produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti di lieve entità), quando non può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena; viene comminata in alternativa alla pena detentiva e alla pena pecuniaria, con le modalità previste dall’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274.

Come vi si accede - La sanzione viene disposta dal giudice su richiesta dell’imputato, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art 444 del codice di procedura penale (patteggiamento). Con la sentenza di condanna il giudice individua il tipo di attività, nonché l’ente o l’amministrazione dove deve essere svolto il lavoro di pubblica utilità. La prestazione di lavoro non retribuita ha una durata corrispondente alla sanzione detentiva irrogata.

Dove viene svolto - L’attività di lavoro non retribuita viene svolta presso con gli enti pubblici territoriali e le organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato individuati attraverso apposite convenzioni stipulate dal ministero della Giustizia o, su delega di quest’ultimo, dal Presidente del tribunale, a norma dell’art. 2 del decreto ministeriale 26 marzo 2001. Nelle convenzioni sono indicate le attività in cui può consistere il lavoro di pubblica utilità, i soggetti incaricati di coordinare la prestazione lavorativa e le modalità di copertura assicurativa. L’elenco degli enti convenzionati è affisso presso le cancellerie di ogni Tribunale. Modalità di prestazione dell’attività lavorativa - L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Le amministrazioni e gli enti presso cui viene svolta l’attività lavorativa, assicurano il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei condannati. Compiti dell’Uepe - Il giudice, con la sentenza di condanna, incarica l’ufficio di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice. Revoca In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, su richiesta del pubblico ministero, il giudice che procede o quello dell’esecuzione (con le formalità di cui all’art. 666 del codice di procedura penale), tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della sanzione con il conseguente ripristino della pena che era stata sostituita. Avverso al provvedimento di revoca è ammesso il ricorso in Cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte.

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