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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Maxi-truffa, vino del discount spacciato per Brunello: indagato anche un 33enne comasco

Perquisizioni da Nord a Sud Italia. Le bottiglie contraffatte vendute in tutto il mondo

La scoperta è avvenuta grazie al lavoro dei carabinieri del Nas di Firenze che ieri mattina, 30 giugno, hanno eseguito otto perquisizioni: una in un piccolo paese nel comasco, le altre nelle province di Avellino, Barletta-Andria-Trani, Brescia, Foggia, Pisa, Prato e Roma. Le indagini hanno confermato i sospetti degli inquirenti: vino in cartone spacciato per Champagne, Brunello e Barbaresco. Le bottiglie venivano smistate anche in Italia ma era con gli acquirenti in Spagna, Germania, Belgio, Francia e Stati Uniti che si facevano i “soldi veri”. Le cessioni avvenivano tramite la piattaforma E-bay. Risultato: 11 indagati in concorso per contraffazione. Tra loro anche un cameriere 33enne della provincia di Como, che faceva affari direttamente con il “capobanda”, un bresciano.

L’indagine era nata già nell’ottobre del 2018, quasi 2 anni fa, grazie a una serie di segnalazioni di aziende vinicole in merito a vendite sospette sulla piattaforma e in particolare con la formula dell’asta on line.

Durante le indagini il cerchio si è fatto sempre più stretto, portando i Nas a concentrarsi su una coppia di Prato, commercianti nel settore dell'enologia, che si occupavano di ritirare le bottiglie vuote dai ristoranti, arrivando così a disporre di migliaia di etichette di pregio (con marchi di denominazione IGT/DOC/DOCG) di noti vini toscani, piemontesi e francesi. 

Risalendo la penisola i militari sono arrivati fino a Brescia dove hanno localizzato una centrale di contraffazione di vini nascosta in uno scantinato. Qui hanno trovato il punto dove venivano stoccate bottiglie, capsule, carta da imballaggio, tappi e gabbiette da spumante.

Secondo gli inquirenti, i "vuoti" venivano puliti e riempiti di nuovo con vini da hard discount. Poi si procedeva con la sigillatura con tappi in sughero e capsule contraffatte. Le indagini hanno anche appurato che i falsi, se pur venduti con prezzi competitivi, non venivano “ceduti sotto costo” ma che al contrario raggiungevano spesso prezzi oltre i mille euro, con quindi un margine di guadagno eccezionale per i truffatori.

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