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Maurizio Pratelli

Collaboratore

Davide Van De Sfroos, l'onda buona delle canzoni

Un soffio di vita che ha radici profonde e lo sguardo aperto

In questi giorni ho sul piatto, diciamo così noi che ancora amiamo cucinare vinili, quattro album. L'evocativo Il paesaggio dopo la battaglia, ultimo lavoro di Vasco Brondi; Carnagie Hall, il "nuovo" live di Neil Young ripescato dal quel pozzo di meraviglie che furono gli anni '70; Alice non lo sa di De Gregori, memoria dello stesso decennio in ristampa per l'ultimo rifugio della resistenza vinilica: le edicole. E, infine, Maaderfolk di Davide Van De Sfroos, il disco di cui sento il bisogno di dirvi qualcosa.

Da tempo non amo più scrivere recensioni, al giudizio, per quanto possa continuare ad avere una sua nobiltà e un suo ruolo, preferisco il racconto. Una forma di scrittura che lascia più spazio alle proprie sensazioni senza doverle per forza addomesticare con un rigido senso critico. Va da sé che se un disco brutto non merita inchiostro, non è nemmeno detto che un buon disco ne stimoli per forza l'uso. Ma non è questo il caso.

Il disco di Davide l'ho visto prendere forma nell'inverno del 2020, in quelle settimane che hanno preceduto la tempesta e il silenzio. In un rifugio sul lago di Como dove un viavai di tecnici e musicisti stava plasmando Maaderfolk. Si viveva lo stesso entusiasmo contagioso di una vendemmia, senza sapere che quel vino, prima di finire in bottiglia, avrebbe dovuto aspettare il suo tempo. Così, per dare un senso all'infinita attesa, si è placata la sete con Manicomi, un rosso d'annata rimasto in cantina senza mai perdere la sua ancestrale energia: un solo sorso ha cancellato 25 anni di riposo.

Ma il tempo passa ancora, arriva l'estate, e una nuova canzone bussa alla porta. Da Lezzeno ho raggiunto in barca l'altra sponda del lago, quella che accarezza la musica di De Sfroos. Lì, Gianpiero Canino - colui che con mestiere e anima ha riunito l'uomo all'artista, perché la buona musica ha bisogno anche di cuore - mi ha fatto ascoltare per la prima volta Oh Lord, Vaarda giò, una di quelle canzoni che hanno la potenza di attraversarti al primo ascoltoPoi è arrivato Davide e gli ho rivisto negli occhi quel sorriso che non incontravo così sereno da quella volta che era venuto a prendermi in auto per farmi ascoltare Pica!, 13 anni fa. Sì, forse nemmeno a Sanremo c'era quella gioia così genuina.

Scrivere canzoni d'autore è un'arte che non può fare a meno di due elementi: la capacità di osservare ciò che ti circonda e la capacità di rendere i tuoi occhi quelli di tutti. E in questo senso Davide è un autentico fuoriclasse. Tanto che le sue canzoni non avrebbero nemmeno bisogno di un vestito: anche nude sono sostenute dalla potenza lirica. Sì, questo nuovo viaggio di Davide, che ha radici profonde e lo sguardo aperto, è un lungo respiro trattenuto che alla fine si è trasformato in un soffio di buon vento sulle vele della vita.

Quella di Davide diventa così una voce universale: ci si sente un po' meno soli, spaesati o naufraghi. Meno distanti dalla terra madre. Da certi giorni che sembrano rotolare senza meta nel guanto bianco della luna. Quando i nostri occhi sono un proiettile stanco. E le canzoni danno vigore ai nostri remi stanchi. A questa scialuppa in mezzo alle onde in cerca di una direzione.

Siam nati contromano, cresciuti controvento
Vivendo in contropiede, e siamo un controsenso
Facciam lavori vecchi con sogni malpagati
Lavori da ostinati che sembrano svaniti

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Davide Van De Sfroos, l'onda buona delle canzoni

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