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Editoriale Grandate / Via Papa Giovanni XXIII, 3

Le Iene, Coletti e gli abusi insabbiati: don Pandolfi, il prete che da Grandate "striglia" la Chiesa

Don Roberto Pandolfi era parroco di San Giuliano quando scoppiò lo scandalo del prete pedofilo

Sono le parole che molti fedeli, forse, volevano sentire dire da un uomo di chiesa a commento del caso sollevato dalle Iene a proposito dei presunti abusi sessuali avvenuti in Vaticano. Don Roberto Pandolfi sul sito della parrocchia di Grandate ha espresso serie e articolate considerazioni che suonano tutt'altro che di circostanza. Sembra di vedere in quelle parola più che una "tiratina" di giacca ai vertici del clero vaticano. Sembrano una strigliata. Sono parole che si riempiono ancor più di significato se si considera che don Pandolfi era il prete della parrocchia di San Giuliano a Como nel 2012, quando esplose il sordido scandalo degli abusi sessuali commessi dal suo predecessore Marco Mangiacasale che mantenne, fino all'inchiesta giudiziaria, rapporti stretti con quella parrocchia e con quei parrocchiani. Don Pandolfi dovette affrontare e in un certo senso gestire lo scandalo che, suo malgrado, travolse la sua parrocchia e allarmò i fedeli.

Pandolfi non difende a spada tratta nessuno, né l'ex vescovo di Como, Diego Coletti, né gli altri clericali chiamati in causa nel servizi della trasmissione Mediaset che parlano anche di un presunto insabbiamento che sarebbe stato architettato coscientemente per nascondere gli scandalosi episodi avvenuti all'interno del preseminario San Pio X che sorge a pochi metri dalla Cupola vaticana.

E ora che il Vaticano (dispettoso!) riapre le indagini e intende approfondire tutta la vicenda?
Non potevano approfondirla nel 2014 il card. Comastri, l’allora vescovo di Como, i superiori del Preseminario, anzichè limitarsi a trasferire il seminarista sotto accusa nel seminario francese di Roma e il rettore del Preseminario a Como?
Ancora calunnie? O mezze verità?  Chi sta mentendo e perchè?
Chi è stato superficiale? Chi ha cercato (tanto per cambiare) di minimizzare o, peggio, di insabbiare?
Non è forse ora di fare chiarezza senza rifugiarsi dietro i comunicati stampa (ah, i comunicati stampa!) e dando pubblica relazione dei fatti attraverso una conferenza stampa alla presenza di tutti i giornalisti interessati alla questione? Che cosa si teme? O forse si pensa di trarre beneficio dal ruolo di vittime intervistate a bruciapelo, per strada?
Non dimentichiamoci che il primo modo per alimentare la cultura del sospetto è quello di rispondere in modo evasivo alle domande o di non rispondere affatto o di fuggire precipitosamente.

Questo è solo uno dei passaggi più densi di significato dell'articolo di don Pandolfi il quale, in definitiva, chiede una cosa sola alla sua Chiesa: fare chiarezza, nella totale trasparenza, senza nascondere le colpe, se ci sono, di chicchessia, fossero anche gli alti vertici del clero.

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