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Attenzione, via!

Un'alba di remi sul lago di Como

La luce si è già presa il giorno che non sono nemmeno le sei del mattino. Anche l'acqua a quell'ora respira piano per non disturbare l'impero del silenzio. All'improvviso sento qualcuno urlare ripetutamente con vigore, come se stesse impartendo degli ordini. Mi avvicino alla finestra sospinto da un refolo di tossine cittadine, pronto a difendere l'alba come neanche Hypnos sulla riva del fiume Oblio. Ma appena mi affaccio vedo un uomo ritto in piedi a una barca verde con in mano un megafono e un'armata di punta che lo circonda divisa in gruppi da tre. Ogni istinto belligerante mi si spegne in gola per trasformarsi in un silenzio di ammirazione. Rimango lì a guardarli muto, mentre si allenano e simulano gare. I ragazzi in attesa della partenza chiacchierano e ridono tra di loro, l'allenatore è severo ma indulgente: "Attenzione, via!". I remi prendono a schiaffi l'acqua e le imbarcazioni corrono dritte verso Bellagio. L'allenatore vira dando gas al motore del suo barchino di legno per inseguire i suoi ragazzi senza mai smettere di incitarli: una mano sul timone e una sul megafono, sempre in piedi. Poi li raduna di nuovo tutti intorno a sé con l'autorità di un capo indiano, solo che le sue praterie sono questo lago che ama la gente che rema. Mi ritiro accompagnato dalla sensazione di sentirmi come un cowboy infilzato dalle frecce tirate dall'arco della bellezza. Rimetto la lingua sul comodino, felice che abbia tenuto le pallottole in bocca come un vecchio Winchester che ha smesso di sparare cazzate. E mi faccio un caffè.

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