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Coronavirus Piazza del Duomo

Prima messa in Duomo, tutti con la mascherina

Il vescovo: "Il coronavirus ci ha mortificato e ha creato un clima di paura, ma ora ripartiamo"

Dopo quasi tre mesi nel Duomo di Como si è tornati a pregare Dio. Alle 10 si è svolta la messa del Crisma. Ad assistere la liturgia celebrata dal vescovo Oscar Cantoni c'erano numerosi rappresentanti del clero della diocesi di Como, tutti rigorosamente con la mascherina che hanno indossato fino alla fine della messa. Il rito dell'eucarestia si è svolto con le annunciate misure di sicurezza: l'ostia è stata consegnata nelle direttamente nelle mani dei fedeli che sono rimasti ai loro posti. Sospesa, al momento, anche la questua. Per le donazioni bisogna inserire i soldi negli appositi bussolotti posizionati vicino all'uscita.

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L'omelia del vescovo non poteva non essere incentrata in gran parte sull'emergenza vissuta dalla popolazione a causa del coronavirus. L'accento è stato posto sulle difficoltà vissute e sulla necessità e opportunità di ripartire. Ecco qui di seguito un lungo passaggio dell'omelia:

Il coronavirus ci ha mortificato a tal punto da creare un clima di paura e di insicurezza, di solitudine e di provvisorietà. Per il bene di tutti, al fine di tutelarne la salute, abbiamo sospeso con rammarico ogni tipo di celebrazione pubblica e i vari momenti comunitari. Ora ci è data ora la possibilità di ripartire con la S. Messa, certo con tante precauzioni, e sappiamo che non ovunque si sono potute riprendere le diverse celebrazioni feriali e festive, là dove soprattutto è più pericoloso che altrove organizzare momenti comunitari. 
Abbiamo avvertito forte la mancanza delle nostre assemblee liturgiche, soprattutto domenicali. Sentiamo vivo, perciò, il desiderio di ritrovarci insieme come fratelli e affermare che la nostra unità, fondata sulla comune vocazione ricevuta, è più solida dei pericoli che ancora ci minacciano. 
Il bisogno di sperimentare la gioia e la freschezza della comunione fraterna e di godere della consolazione di Dio, frutto di questa celebrazione, deve aiutarci a superare ogni esitazione. Anche le altre Diocesi della Lombardia stanno vivendo, come noi, questo momento di viva fraternità nel Signore, mediante questa celebrazione crismale, luogo in cui viene distribuito nuovamente e con larghezza lo Spirito Santo, su di noi e sulle nostre Comunità, attraverso l’Olio Santo, occasione quindi di una nuova effusione che viene dall’alto e che rigenera noi stessi e le nostre Comunità.

Il pericolo del contagio è sempre una eventualità a cui siamo tutti personalmente esposti, ma a noi consacrati è chiesto una scelta coraggiosa supplementare: quello di mantenerci sempre a disposizione del nostro popolo di Dio. 
Mi vengono in mente le parole forti del priore dei monaci cistercensi di Tibherine, in terra d’Algeria, Christian de Chergé, quando la comunità, minacciata dagli estremisti nella guerra civile, deve decidere se restare in Algeria, in una situazione di grande conflittualità e pericolo, o abbandonare il monastero per fare rientro in Europa. 
L'argomento che il priore adduce è espressione di una scelta precisa e resa definitiva dalla comune vocazione stessa. Egli sottolinea: "la nostra vita è già stata donata una volta per sempre. Perciò decidiamo di restare, ben consapevoli del rischio che affrontiamo, ma in piena fiducia nel Signore".

Quante persone in questi mesi di pandemia hanno saputo rimanere al loro posto per servire i fratelli ammalati. Penso con ammirazione ai numerosi medici e infermieri, ma anche ai tanti generosi sacerdoti che hanno condiviso la storia dei loro parrocchiani, esponendosi anch'essi al rischio del contagio e accettando consapevolmente di dare la vita, quale libera offerta sacrificale. Un esempio splendido anche per noi, a volte timorosi e titubanti sulle scelte da compiere. 
Il corona virus ha stroncato tutti i nostri appuntamenti ben congegnati, ha sospeso le attività, entrate nella nostra tradizione e ritenute da noi ben consolidate. La storia di questi mesi ci ha insegnato che non tutto era così indispensabile e urgente come credevamo che fosse, che tante scelte di settore, che ritenevamo essenziali, forse non lo erano proprio. Il Signore ci ha costretto ad una passività totale per concentrarci sulle poche cose che contano, sorvolando, invece, tante altre apparentemente fruttuose, ma solo da una prospettiva umana.
Dobbiamo ammettere che certe nostre scelte passate, fatte in buona fede certamente, erano solo dei semplici mezzi per far incontrare il Signore e per costruire la comunione nel popolo di Dio attraverso di esse. Tuttavia noi spesso, ciò erano solo dei mezzi, li abbiamo scambiati per fini. E a volte i risultati sono stati deludenti!
La situazione attuale, ancora molto incerta, ci ha ridotti all'essenziale, ci costringe a “navigare a vista”. Una consapevolezza ci deve accompagnare, ossia che il Signore ci sta preparando una nuova stagione di Chiesa, con scelte propositive radicalmente nuove, che ancora non riusciamo nemmeno ad immaginare e che rivoluzioneranno il nostro agire pastorale. 
Ce lo conferma la storia della Chiesa. Ogni epoca ha espresso qualcosa di radicalmente nuovo e la creatività del popolo di Dio ha espresso forme inusitate a partire proprio dalle contingenze storiche.
Siamo sicuri che uscirà una nuova immagine di Chiesa: più povera, più umile, meno dotata di strutture, ma forse più accogliente, non giudicante, amica degli uomini e in cammino con loro a immagine di Gesù. 
Ora la nostra domanda è comune: da dove ripartiamo e con quale spirito? Univoca deve essere la nostra risposta: 
Noi ripartiamo da Dio e dal suo disegno di salvezza per tutta l'umanità.
 

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