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Sabato, 20 Aprile 2024
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"Mio padre, accumulatore seriale: quando le cose che possiedi ti possiedono"

L'uomo che vive nell'erbese convive con questo disturbo compulsivo oramai da 20 anni

La storia di Luigino si svolge in un paese della brianza, nell'erbese, ma molto vicino anche a Monza. Nulla, dall'esterno, sembrerebbe far intendere che in questa casa, un pò appartata, vive un uomo di 74 anni quasi completamente immerso dagli oggetti. Luigi non sa buttare via niente, al contrario: sente una irrefrenabile voglia di accumulare. Lo incontro in presenza della figlia che mi spiega che questa patologia è giunta in concomitanza con la morte della moglie di Luigi, esattamente nel 1999. 

Prima di quell'evento la vita di Luigi era normale. È pur vero che la moglie si occupava di sistemare la casa ma lui non era mai stato ne particolarmente disordinato ne fissato nel voler conservare ad ogni costo le cose. Probabilmente la perdita della sua compagna di vita deve aver innescato in lui dei processi mentali per cui ha sentito l'esigenza di riempire la sua vita di... oggetti. 

«Inizialmente, ci spiega la figlia, il tutto si è manifestato come un accumulo ordinato: tendeva a tenere tutto, ma senza fare confusione. Col passare degli anni la situazione è peggiorata e oltre a, per esempio, riviste o atrezzi da lavoro, ha cominciato ad accumulare tutto, ma proprio tutto: scontrini degli anni 80, vecchi pc che utilizzavo io negli anni 90, stufette, viti, bulloni, scatole, cartoni. Il problema è peggiorato ancora di più quando ha cominciato a mescolare questa mole immesa di roba. Se all'inizio c'era una logica nel sistemare le cose, col tempo è diventato tutto confuso e assurdo».

Accumulatore seriale

Mentre parlaimo con la figlia Luigino, nome di fantasia, annuisce e ammette di avere un problema, che sta cercando di tornare ad una vita normale, che gli dispiace per le preoccupazioni che crea ai figli. Ma quando rimane solo con noi sembra cambiare completamente atteggiamento: «Sono tutte cose che un giorno potranno essermi utili, e ci sono anche molte cose preziose in questa confusione». È difficile, quasi impossibile entrare in casa e ci consentono di stare solo all'ingresso e sbirciare le altre stanze. Sembra non esserci un minimo angolino anche solo per stendersi. Il letto è pieno di vestiti. 

«Quello di cui soffre mio padre, continua la figlia, si chiama disturbo da accumulo o disposofobia. Al contrario di ciò che si pensa o sembra, chi ne soffre spesso ha molta creatività e una intelligenza vivace».

In realtà, dopo esserci informati siamo venuti a sapere che si stima che tra il 2 e il 5% della popolazione mondiale presenti un problema di accumulo, e che questo causi disagio e/o problemi che interferiscono con il normale svolgimento della vita quotidiana. 

«Non vogliamo che papà venga preso in giro o umiliato per questo preferiamo non dire il suo nome, ci spiega sua figlia, ma semplicemente porre l'attenzione su un problema molto più diffuso di quello che si pensa e poco studiato e poco considerato, specie in Italia. Rassicuriamo tutti sul fatto che mio padre è seguito e sta migliorando con l'aiuto di uno psicologo: ogni mese, inoltre, papà passa qualche giorno a casa mia o di mio fratello e in quelle occasioni, con l'aiuto di alcuni amici e professionisti del settore, riusciamo a pulire e "svuotare" la casa, fortunatamente non troppo grande. Almeno per togliere il grosso. Abbiamo però idea che siano molte le persone ( specie anziane) con lo stesso problema e ci sembrava giusto parlarne. Per questo abbiamo consultato una psicologa e anche se è un percorso davvero difficile, non è impossibie. Consigliamo a chiunque creda che un parente o un amico stia cadendo in questo disturbo di chiedere imemdiatamente aiuto». Un problema da non sottovalutare, specie per l'aspetto psicologico di chi ne soffre. Quindi cercate di osservare bene il "disordine" dei vostri cari, se è semplice disorganizzazione o cela qualcosa di più profondo. Prima si interviene, prima è possibile stroncare questo disturbo sul nascere. 

Luigino prende alcuni fogli sbiaditi da una pila di riviste. Dice che sono parte del libro che sta scrivendo, a mano. Un libro che sarà difficile da ricomporre.

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