rotate-mobile
Economia

La moglie di Colin Firth a Como: "Ecco cosa si nasconde dietro la moda low cost"

Un appuntamento tra i più attesi e interessanti, forse, del Lake Como Festival: il lungometraggio di stampo documentaristico intitolato The true cost. A presentarlo con una proiezione in anteprima comasca, dopo il successo di Cannes, è stata...

Un appuntamento tra i più attesi e interessanti, forse, del Lake Como Festival: il lungometraggio di stampo documentaristico intitolato The true cost. A presentarlo con una proiezione in anteprima comasca, dopo il successo di Cannes, è stata proprio la executive producer, vale a dire Livia Giuggioli, la moglie dell'attore inglese Colin Firth.

Il film diretto da Andrew Morgan che svela i retroscena della moda low cost è stato proiettato venerdì 24 giugno nell'auditorium della sede di Unindustria Como, in via Raimondi 1.

Unindustria Como e il Distretto Tessile comasco, da sempre caratterizzato da imprese etiche e sostenibili, in collaborazione con il Lake Como Festival, hanno organizzato la proiezione, alla presenza di Livia Firth, Executive Producer, di Claudio Taiana, Past President del Gruppo Filiera Tessile di Unindustria Como e di Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazione della Moda, per promuovere una riflessione sull’impatto umano e ambientale di certe lavorazioni tessili e di confezione effettuate in paesi in via di sviluppo.

«Abbiamo aderito - ha spiegato Claudio Taiana - alla proposta di presentare e proiettare il film all’interno della nostra sede, prima con sorpresa, e, dopo averlo visto, con estrema convinzione. Parlo di film perché questo lavoro va ben oltre il documentario: approccia i problemi ecologici e di rispetto dell’ambiente, va in profondità, coglie l’aspetto umano della persona e della sua dignità. Sposa la concezione del lavoro, della vita e del rispetto delle nostre aziende».

Il documentario - un collage di varie interviste che vedono protagonisti ambientalisti, lavoratori dell'industria tessile, imprenditori, stilisti, e attivisti del commercio equo e della produzione sostenibile - porta alla luce gli aspetti più controversi della moda a buon mercato. Con un approccio rivolto alle istanze ambientali, sociali e psicologiche, dal momento della produzione alle sue più estreme conseguenze, il regista vuole risvegliare l’attenzione del pubblico verso una scelta più responsabile nella produzione e nell’acquisto di capi d’abbigliamento.

«Sono stata in Bangladesh (teatro del terribile crollo del centro industriale Rana Plaza, che ha causato la morte di più di 1000 lavoratori) due volte - racconta Livia Firth, Produttrice esecutiva del film, parlando delle motivazioni che l’hanno spinta a credere nel progetto. Ed è come se mi fossi resa conto di colpo che i vestiti che indossavo erano stati fatti da donne come me che lavoravano quasi in condizioni di schiavitù. Ho visitato una fabbrica considerata modello: c’era una sola entrata presidiata da guardie armate, nessuna uscita di sicurezza, sbarre alle finestre. Vi lavoravano tantissime donne per dodici, quattordici ore al giorno, con l’obbligo di produrre dai 100 ai 150 pezzi all’ora, e spesso con una sola pausa per andare in bagno. Tutto questo per l’equivalente di 46 dollari al mese. Praticamente delle schiave».

La moda allora è diventata un modo per fare advocacy. «Molti la considerano una cosa frivola, ma non potrebbero essere più in errore. Tutti noi ci vestiamo ogni giorno, il mondo non è portato avanti da persone nude, e il fashion ha un impatto incredibile: è la seconda industria al mondo più inquinante dopo quella petrolifera». E l’industria del fast fashion è fondata proprio su produzioni in cicli molto veloci, ogni settimana nuove collezioni vengono messe sul mercato a prezzi irrisori. «E questo - continua la Produttrice - danneggia il tessile italiano, i designer e la manodopera; reggere la competitività diventa difficilissimo».

«Qui nel distretto lariano c’è l’asse portante della moda italiana, che ha voglia di affrontare un percorso diverso. Vuole comunicare dei valori unici, che rappresentano proprio il valore aggiunto dell’Italia. Non dobbiamo comprometterli o fare finta che non importino. Ed è bellissimo che il Presidente Capasa abbia messo la sostenibilità al primo posto, in cima alle sue priorità». Questo percorso di sensibilizzazione è complesso, molto lungo e difficile. Ed è per questo che il film è un’arma così potente: «Le immagini - conclude Livia Firth - dicono più di mille parole, sono di impatto immediato. Le cose stanno già cambiando: stiamo diventando cittadini e consumatori attivi. Però non basta. I brand devono avere maggior coraggio nel raccontare le storie di bellezza che ci sono dietro alle loro produzioni».

E Claudio Taiana le fa eco: «Prima guardavamo delle foto del lago: questo è il contesto in cui ci muoviamo. Siamo imprenditori di seconda, terza, quarta generazione: abbiamo nel sangue il messaggio antico del rispetto delle persone che lavorano con noi, che creano il nostro successo, che esprimono i valori e non solo il prodotto. Questo terreno ce lo hanno passato i nostri nonni e noi dovremo darlo ai nostri figli. Questa logica del rispetto delle persone e del territorio rispecchia quei valori che oggi rischiamo di perdere, ma che qui sono forti».

Fonte: ufficio stampa Unindustria Como.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La moglie di Colin Firth a Como: "Ecco cosa si nasconde dietro la moda low cost"

QuiComo è in caricamento