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Cronaca

Silvia che dà vita alla ceramica nel deserto: "Piazza Roma? Rischio di chiudere dopo 30 anni"

"Dopo 30 anni non so se riuscirò ad andare avanti: la Ztl fatta così ci ha ammazzato". Da un lato, piazza Roma dovrebbe chiamarsi "piazza Gentilezza" per la cordialità dei "superstiti" che vi lavorano. Dall'altro, la sensazione forte è che sia lo...

"Dopo 30 anni non so se riuscirò ad andare avanti: la Ztl fatta così ci ha ammazzato". Da un lato, piazza Roma dovrebbe chiamarsi "piazza Gentilezza" per la cordialità dei "superstiti" che vi lavorano. Dall'altro, la sensazione forte è che sia lo sfinimento, per paradosso, a non increspare di paroloni o invettive i toni delle voci. Dopo il caso di Matteo e Fulvia, i due giovani fidanzati che lottano contro il deserto dietro il bancone del bar, oggi abbiamo parlato con Silvia Giussani, donna minuta e grintosa, capace di dare vita alla ceramica. Il suo negozio è "Idearte" in piazza Roma, leggermente defilato rispetto al nulla intorno. Dal 1985, in quei locali, una passione è diventata una mestiere. Delicato, a dispetto del calore di un forno che da anni scalda materiali, adulti e bambini. Stamattina, però, il negozio era piuttosto fresco. "Beh, ormai il forno per cuocere la ceramica lo accendo meno rispetto a qualche tempo fa - spiega Silvia - Vede: fuori non c'è nessuno. Nessuno che passa, nessuno che si ferma, nessuno che se ne va". Nessuno.

negozio-piazza-romaDopo un trentennio, i clienti affezionati ci sono ancora naturalmente. Il negozio è un bijoux, l'esposizione una "bomboniera". Ma da quando la piazza è diventata un recinto, le cose sono cambiate. "La situazione non è precipitata immediatamente - spiega Silvia - Nei primi mesi, la gente veniva ugualmente. Forse perché ancora non era chiaro l'effetto del provvedimento comunale, forse prendendo pure qualche multa. Poi, però, tutto è iniziato a cambiare. I clienti si sono trovati a fronteggiare la mancanza di parcheggio e giustamente, visto che spesso mi portano anche i materiali da cuocere, trovavano scomodo il percorso. Mi pare normale e non un privilegio chiedere un minimo di comodità per raggiungere un negozio". Su una cosa non ha dubbi la titolare: la sostanziale contemporaneità tra l'inizio delle difficoltà - finora fronteggiate soprattutto ricorrendo all'orgoglio e alla passione - e l'arrivo delle strisce gialle.

"Sfido chiunque a dimostrare il contrario - afferma - Giorno dopo giorno, gli effetti della chiusura si sono fatti sentire. E ora sono pesanti, come credo possano testimoniare tutte le attività qui intorno. Ci parliamo, ci conosciamo tutti e viviamo sulla nostra pelle la situazione. E' un po' come se il Comune avesse voluto rifare una casa partendo dal tetto". Il sentimento di un'ingiustizia subita incolpevolmente prevale anche sulla protesta. "Tra l'altro io non sono affatto contraria all'idea di una città più europea, di un centro aperto ai pedoni e più vivibile - afferma Silvia - Ma che senso ha rendere inaccessibile una piazza due anni prima di riqualificarla? Così l'unico risultato è ammazzare i commercianti".

Il finale è amaro. Amarissimo. "Non so quanto potrò andare avanti, nonostante la passione e l'affetto di molti clienti - spiega - Devo valutare, perché come giustamente ha detto Matteo, qui nessuno ha pozzi senza fondo da cui attingere risorse. Vedremo, non mi faccio illusioni. Se il peso di questa situazione, che nessuno ha ancora capito come e quando cambiarà, diventerà insostenibile non potrò lottare contro i mulini a vento. E dovrò salutare dopo 30 anni".

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